Il terremoto del 1693 distrusse l’antica città di Noto, che si trovava alcuni km più in alto rispetto alla cittadina odierna. Nel XVIII secolo, la nuova città fu ricostruita dopo fitto dibattito, più a valle, secondo lo stile dell’epoca e col concorso di ingegnosi architetti.
Noto, come una vera e propria Capitale Europea del Barocco, rappresenta il cuore e trionfo del barocco: palazzi, chiese, monasteri, piazze, fontane, si aprono in successione come una scenografia teatrale che lascia senza fiato. Decisamente, il più bel chilometro d’arte d’Europa.
La morbida pietra bianca locale è stata lavorata, giocando, a ricavarne armoniose forme, ora mascheroni giocosi, ora studi attenti di convessità luminose.
E’ non a caso, il Giardino di Pietra, riassunto in una sola espressione: il Barocco di Noto.
All’indomani della terremoto, il popolo di Noto non si perse d’animo ma decise di ricostruire immediatamente la città.
La scelta del nuovo sito non fu semplice. Per la nuova Noto sarebbe servito un arguto sistema di acquedotti, ma anche un pianoro, ideale luogo per sperimentare un nuovo modello di città-salotto.
La città nuova venne realizzata riprogettando il piano, sbancando e sbalzando, scegliendo un pianoro ove costruire una città semplice e lineare, con impianto viario ad angolo retto e strade parallele .
La nuova Noto venne organizzata lungo tre vie principali, esposte al sole, presso le quali si stabiliranno le tre principali fasce sociali.
Nella via più alta si insedia la nobiltà, la centrale ospiterà il clero (l’unica eccezione è il palazzo secolare dei Landolina), l’ultima, più in basso, al popolo.
I palazzi nobiliari e religiosi sono imponenti, il sole parla alla pietra calcarea locale, tenera e compatta, conferendole, specie al tramonto, una magnifica tinta rosata, secondo l’idea voluta dal Duca di Camastra, rappresentante in quel periodo, a Noto, del vicerè spagnolo.
Molti artisti siciliani vengono chiamati a collaborare alle officine. Tra essi Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra e Rosario Gagliardi che, influenzato da Borromini, è forse uno dei più inventivi.
La città viene costruita come splendida scenografia, giocando sul senso della prospettiva e con le linee e le curvature delle facciate, concentrandosi sulle decorazioni delle mensole, i mascheroni, i putti, i balconi dai parapetti in ferro battuto che si piega in forme aggraziate e panciute, anche per accogliere gli abiti eleganti delle nobildonne netine.
Nelle mani degli artisti italiani, in stretta competizione tra loro, Noto fiorisce. Un sogno barocco nasce in tutta Europa anticipando, di fatto, l’arte eccellente di San Pietroburgo.
Un lungo viale alberato, costeggiato dal bel Giardino Pubblico annuncia l’asse principale di Noto, rappresentato da corso Vittorio Emanuele, lungo il quale si aprono, scenograficamente tre piazze, su ognuna delle quali si affaccia una chiesa.
Il corso è annunciato da Porta Reale: si tratta di un monumentale ed ottocentesco ingresso che ricorda il più celebre Arco di trionfo.
La porta è sormontata da un pellicano, simbolo dell’abnegazione nei confronti di Re Ferdinando di Borbone.
Ai due lati della Porta, appaiono una torre, simbolo di forza, ed un cirneco, nobile ed agile razza canina siciliana, particolarmente diffusa sull’Etna, a rappresentare fedeltà.
Si giunge dopo pochi passi in Piazza Immacolata, su cui si affaccia una Chiesa dalla facciata barocca, dedicata a S. Francesco (opera dell’architetto Sinatra).
La Chiesa è preceduta da una suggestiva scalinata, che culmina in una terrazza delimitata dall’omonimo convento.
All’interno della chiesa, sono custodite alcune importanti opere provenienti dalla chiesa francescana di Noto antica. Spiccano, tra esse, una Vergine col Bambino in legno dipinto attribuita a Antonio Monachello (1564) posta sull’altare e, lungo la navata di destra, la lastra tombale di un padre francescano sempre del XVI sec.
A sinistra della chiesa sorge il Monastero del SS. Salvatore, che si caratterizza per la torre dalla facciata curvilinea. Alcune panciute grate in ferro battuto alle finestre caratterizzano anche il Convento di S. Chiara (sul lato opposto del corso), opera dell’architetto Gagliardi.
Qualche passo più in là, un museo cittadino ospita una sala medievale, con interessanti reperti provenienti da Noto Antica, come un cristo in alabastro rosa. Al piano superiore, la mostra dell’artista scultore contemporaneo Pirrone, autore anche delle formelle del portale della cattedrale che ripercorrono la vita di San Corrado.
Il Palazzo Ducezio, sede municipale, e la Cattedrale, annunciata da una imponente scalinata, si confrontano ed affrontano. Il potere religioso e quello temporale, il primo in alto, il secondo in basso.
Osservando la Cattedrale, dall’ampia facciata, si osservano i due campanili .
In secondo piano ecco la cupola.
Danneggiata pesantemente dal terremoto di Santa Lucia 13 dicembre del ’90, crollò definitivamente nel ’96. La notizia fece il giro del mondo innescando il rinascimento di Noto.
Ogni campanile è fiancheggiato da due esedre alberate, ciascuna sovrastata da un percorso lastricato. Ai lati della cattedrale, trova posto il Palazzo Vescovile, ottocentesco, e Palazzo Landolina di Sant’Alfano , dalle linee più sobrie.
Guarda alla Cattedrale Palazzo Ducezio, annunciato da un portico classicheggiante, opera del Sinatra. Il piano superiore fu realizzato negli anni Cinquanta, seguendo lo stile del piano inferiore. Il risultato è comunque interessante.
Il lato orientale della piazza è coronato dalla facciata della Basilica del SS. Salvatore.
Proseguendo lungo corso Vittorio Emanuele, superando l’ufficio turistico, una salita conduce alla Chiesa di Montevergini, scandita da una facciata concava inquadrata tra due campanili. E’ la celebre via Nicolaci, su cui si aprono, passo dopo passo, alcuni dei più interessanti palazzi barocchi di tutta Noto.
A sinistra, ecco Palazzo Nicolaci di Villadorata dai balconi esuberanti, con mensole fantasiose a forma di putti, cavalli, sirene e leoni e figure grottesche tra cui spicca, al centro, un personaggio dalle fattezze mediorientali (naso camuso e labbra grosse). Dopo un lungo ed apprezzabile lavoro di restauro il palazzo, ha riaperto al pubblico, previo pagamento di un modesto biglietto, le dieci sale, pavimentate in ceramica siciliana e dagli arredi originali.
A metà maggio, via Nicolaci, già splendidamente barocca, si colora di petali che serviranno a realizzare la celebre infiorata. Diversi artisti realizzano sul selciato i bozzetti, riempiendoli successivamente con petali variopinti, a formare quadri ogni anno differenti.
Proseguendo lungo corso Vittorio Emanuele si apre, sulla sinistra, il complesso della Chiesa e Collegio dei Gesuiti attribuito a Gagliardi: il portale centrale è abbracciato da quattro colonne segnate, in alto, da mascheroni mostruosi.
La Chiesa di S.Domenico, opera di Gagliardi, scandita da colonne sovrapposte che delimitano i due ordini divisi da un alto cornicione, all’interno, presenta interessanti stucchi ed altari in marmo policromo.
Davanti alla chiesa si trova la Villetta d’Ercole con al centro la fontana dedicata al forzuto dio.
A fronte, ecco l’ottocentesco Teatro Vittorio Emanuele III, capace di contenere 380 spettatori, e ben 100 musici. All’interno, si nota l’assenza del palchetto reale.
Una visita merita la Chiesa del Carmine, dalla facciata concava e dal portale barocco.
La parallela superiore rispetto a corso Vittorio Emanuele prende il nome di Via Cavour.
Ideata quale passaggio delle carrozze nobiliari, è punteggiata da edifici interessanti tra cui Palazzo Astuto, dai balconi dalle ringhiere bombate, e Palazzo Trigona Cannicarao.
Salendo verso il Piano Alto, lungo via Coffa, in fondo si erge Palazzo Impellizzeri, in stile tardo-barocco, oggi sede dell’Archivio, e parzialmente adibito a residenza familiare dei proprietari.
Se si volta a destra in via Sallicano, in fondo si aprirà la Chiesa del SS. Crocefisso, progettata dal Gagliardi. All’interno è conservata la Madonna della Neve di Francesco Laurana, dai tratti delicati.
A fianco del centro barocco, sorgono i quartieri popolari, tutt’oggi abitati. I nomi rievocano passati e tradizioni agricole (Agliastrello, Mannarazze, Macchina del Ghiaccio, Carmine) e sono caratterizzati da stretti vicoli che ci riportano al sapore delle isole greche o delle cittadine medievali..
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